storia

“In Bergamo Parvo in Patria Fori Julii: un sito fortificato presso l’attuale territorio comunale di Torreano”

Sunto estratto da "Motivi di storia locale e dell'ambiente del Comune di Torreano di Cividale"

di Maurizio Grattoni d’Arcano

(per i reperti storici, visita la photogallery)

Finora la storia di questo suggestivo complesso fortificato appariva scandita da poche date distanziate di secoli:

Due incerte citazioni documentarie del 1275 e del 1300;
Poi nulla fino al “1500”, anno che compare - unito alla parola “Bergamo”- in una lapide murata in un contrafforte della domus;
Poi ancora nulla fino al 1770, allorchè l’intera possessione fu venduta da Beltrame Calderini ai fratelli Giovanni Battista e Domenico Serafini.

Proprio quest’ultimo documento portò erroneamente a ritenere il Bergum come appartenente ab antiquo ai Calderini, che invece  lo detennero in proprietà soltanto per poco più di un ventennio, dal 1748.

Partendo dall’atto di vendita e seguendo una traccia che conduceva al notaio Marc’Antonio Tracanelli, e da questo ad altri riferimenti documentari, si è giunti in possesso di una cospiqua serie di notizie utili per delineare la storia, almeno dai primi anni del Cinquecento, sia del complesso che della famiglia proprietaria prima dei Calderini:
i Leale, nobili d’Udine.

Questi erano originari di Cornoleto presso San Giovanni Bianco in Val Brembana, nel distretto di Bergamo. Infatti, una prima citazione della famiglia, e più precisamente dei fratelli Francesco e Cristoforo, è del 1502, ed in essa i due fratelli vengono definiti “cives” di Udine e figli del defunto ser Giovanni Lialis de Raspis, di Cornoleto.

Il primo accenno alla proprietà di Bergum in Casa Leale data al 1525, ma da essa risulta che il sito le apparteneva già da pima.
Il nome Bergum potrebbe derivare dunque, proprio da questa famiglia, in ricordo della città d’origine.

Ci sono però quelle due citazioni medievali che scompaginano un pò le carte.

In effetti la nominata “Bergona” è compresa tra beni per la maggior parte posti nel Friuli Orientale e in media non molto lontani dal complesso in esame che del resto – come si vedrà – presenta strutture architettoniche chiaramente più antiche del sec.XVI:
potrebbe essere dunque plausibile l’identità dei due toponomi, anche se l’assenza di documenti anteriori al Cinquecento – almeno per il momento - lascia molti dubbi.


Forse ai due fratelli Francesco e Cristoforo Leale si deve la posa delle due lapidi ancora presenti nel fabbricato padronale, una delle quali porta inciso l’anno”1500” e la parola “Bergamo”, e che sembrerebbe essere un contrassegno mercantile, mentre l’altra, più elaborata e posta al centro della facciata, è chiaramente uno stemma nobiliare. Resta il fatto che tale stemma non corrisponde a quello dei Leale, quando la famiglia venne ascritta alla nobiltà udinese nel Cinquecento.

La famiglia si estinse con Caterina, vedova di Nicolò Calderini, e i di lei eredi vendono l’intera “possessione” a “reverendo signor don Giovanni Battista e domino Domenico fratelli Seraffini della villa di Ziracco”, il 2 luglio 1770.
Da allora, Bergamo appartiene alla famiglia Serafini.

Fin qui le notizie storicamente accertate sulla Casaforte di Bergum. Restano insoluti, dunque, molti dubbi sull’origine, chiaramente più antica del 1500, di questo luogo che rappresenta un raro esempio di proprietà agricola fortificata in Friuli.

Attualmente è costituito da un recinto murato con all’interno il fabbricato dominicale, alcune pertinenze e una torre annessa all’antico ingresso;
questo, infatti, attualmente insistente sul muro di cinta a sud-ovest, in origine si trovava spostato a sinistra, nel fabbricato che ancora possiede un arco a sesto ribassato di fattura piuttosto antica.
L’insieme, quindi, è strutturato come un quadrato, due lati del quale con fabbricati, i rimanenti due solo con muraglia.
Resti di una cinta muraria più esterna emergono ancora dai circostanti terreni coltivati.


La Torre presenta la sommità decorata con un’archeggiata in laterizio intonacato; Più sotto una fila di dentelli ugualmente in laterizio con sottostante fregio dipinto a fresco, rappresentante festoni di foglie verdi legati con sottili nastri rossi.
Anche se la facciata della Domus, per il tipo di aperture finestrate, può essere datata tra la fine del Quattrocento ed i primissimi anni del secolo successivo (forse proprio ad una sua ristrutturazione radicale allude  la lapide con l’anno 1500), un affresco trovato nel corso di recenti restauri  - collocabile cronologicamente sia per il ductus pittorico che per le decorazioni presenti – e la decorazione ad archetti esistente sulla Torre, conducono ad una tipologia schiettamente quattrocentesca.


Si tenga inoltre presente che il lacerto d’affresco fu ritrovato su una parete dell’ambiente attualmente adibito a cucina “storica”, nel corso degli ultimi interventi edilizi al fabbricato,  e più precisamente durante i lavori di svuotamento delle volte a crociera della stanza, compreso tra l’attacco di un volto e il solaio soprastante.


Appare chiaro, quindi , che la struttura a volte fu costruita successivamente all’affresco ed è altrettanto evidente che i locali, descritti in un documento del Settecento come non residenziali,
in precedenza lo erano, probabilmente addirittura con funzioni di rappresentanza, vista la presenza nell’affresco di un Leone di S.Marco.
Cocci di ceramica veneta, anch’essi quattrocenteschi, furono rinvenuti nel materiale d’imbonimento delle volte, assieme ad un curioso reperto ligneo:
uno zoccoletto, di misura piuttosto piccola, forse di bambino.

Ulteriori ricerche dovrebbero far conoscere il nome dei proprietari del luogo prima dell’insediamento dei Leale.
Alcuni indizi ci sembrano comunque importanti.

Innanzi tutto la valenza di “villa” (nel senso di villaggio) che il sito ha mantenuto nel tempo, che presuppone un numero di abitanti e di case ben più cospiquo di quanto appare a tutt’oggi, fatto confermato dalle fondazioni di altri edifici, di una certa importanza, venute alla luce durante i recenti scavi.

Secondariamente il possesso del quartese acquistato, fin dal 1506, dal Capitolo di Cividale e tramandatosi fino ai Serafini, documentante un legame che varrebbe la pena di approfondire.

Ma importanza ancor maggiore riveste quest’ultimo dato:
fin da tempi molto antichi, il luogo soggiaceva come giurisdizione alla Casata di Cucagna, il cui castello, seppur distante alcuni chilometri (sopra Faedis ), si staglia proprio di fronte al lato posteriore della domus.
Infatti, nella richiesta d’investitura rinnovativa inoltrata nel 1682 da Francesco, Baldissare e Lodovico signori di Partistagno, i tre fratelli dichiararono di possedere la loro “parte del castello di Cucagna hora rovinato insieme con la giurisdizione civile  in prima istanza et in seconda aspettandosi l’appellatione al più vecchio della famiglia di Cucagna et questa nelle ville di Faedis Ziraco Siaco Magredis Bergum”.

Il fatto che Bergum sia compreso fra i beni del castello originario e che l’appelatione in seconda istanza sia assegnata al capofamiglia comune ai quattro rami della casata (Freschi, di Zucco, di Partistagno, di Valvasone), fa presumere che questo sia stato un feudo entrato nella casa di Partistagno prima che questa si insediasse nel castello omonimo diventando autonoma rispetto alla famiglia originaria, e cioè nel sec.XII.

Inoltre, ancora in epoca abbastanza recente, numerosi terreni nella zona appartenevano ai diversi rami della famiglia. Non è escluso, quindi, che la “possessione” in epoca medioevale sia stata compresa fra i beni dell’antica casata feudale diventando, agli inizi del Cinquecento, proprietà dei Leale e da questi  ribattezzata per ricordare, nella “piccola Bergamo”, la patria lontana.


Note bibliografiche

G.M. Del Basso, Bergamo=Bèrgum o Bèrgum=Bergamo?,
"Sot la nape", XXVI, 1974, 1, pp.55-58;
N.Cantarutti, Di una vecchia calzatura popolare,"Ce fastu?", LIV, 1978, pp.25-31;
T.Miotti, Castelli del Friuli, 3. Le giurisdizioni del Friuli orientale e la Contea di Gorizia, Udine, Del Bianco, s.d.(1979), pp.71-75;
Castella. Centodue opere fortificate del Friuli Venezia Giulia, a.c. G.V.Custoza & Maurizio Grattoni d'Arcano, Udine, Campanotto ( Azienda Regionale per la Promozione Turistica & Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli VG), 1995, p.54.

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